L’ex direttore dell’Ospedale israelitico di Roma Antonio Mastrapasqua è finito ai domiciliari con l’accusa di truffa ai danni del Sistema sanitario nazionale nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi gonfiati a fronte di prestazioni sanitarie. Insieme a lui sono stati raggiunti da misure restrittive altri 16 tra dirigenti, medici e operatori della casa di cura privata. Già nel gennaio dello scorso anno era emerso che Mastrapasqua, noto per i 25 incarichi in consigli di amministrazione e collegi sindacali e all’epoca anche presidente dell’Inps e vicepresidente di Equitalia, era indagato per questa vicenda, incentrata sulle schede di dismissione “taroccate” per ottenere dalla Regione Lazio milioni di euro di rimborsi non dovuti. Una settimana dopo il commercialista ha lasciato la poltrona di vertice dell’istituto previdenziale, su cui sedeva dal 2008. Decisione presa a valle della presentazione da parte del governo Letta di un disegno di legge sul conflitto di interessi.

Le ipotesi di reato sono falso e truffa in danno della sanità pubblica. Le misure, che comprendono 14 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria, sono state eseguite dai carabinieri del Nas di Roma e derivano dai risultati di indagini condotte dallo stesso nucleo antisofisticazioni e sanità e coordinate da un pool della Procura di Roma. Tra i destinatati dei provvedimenti, emessi dal gip Maria Paola Tomaselli su richiesta dei pm Corrado Fasanelli e Maria Cristina Palaia, figurano il direttore generale e amministrativo Tiziana D’Agostini, Gianluigi Spinelli, direttore sanitario nonché responsabile del Day Hospital, Mirella Urso, responsabile dell’ufficio controllo appropriatezza cartelle cliniche, Elvira Di Cave, primario del reparto di ortopedia, Pietro Aloisi, responsabile del servizio urologia, e Naim Nasrollah, medico chirurgo. L’autorità giudiziaria di Roma ha disposto anche un sequestro preventivo per equivalente di 7,5 milioni di euro, somma pari all’indebita richiesta economica eccedente le prestazioni erogate dalla struttura.

Le indagini, che si sono concentrate sui conti della struttura tra il 2006 e il 2009, hanno messo in luce molti ‘interventi fantasma‘: il 94% delle cartelle cliniche, stando a quanto accertato dagli investigatori, era stato alterato per far risultare prestazioni più costose rispetto a quelle effettivamente erogate. Per esempio ricoveri al posto di operazioni in regime ambulatoriale. I filoni dell’inchiesta sono però tre: oltre a quello che si concentra sull’alterazione della tipologia di interventi eseguiti (specie per biopsie prostatiche e tiroidee e correzione dell’alluce valgo) per ottenere rimborsi maggiorati, ce n’è anche uno sulla modifica dello stato dei luoghi, della destinazione d’uso dei locali ospedalieri e delle attività sanitarie per mascherare lo svolgimento di attività irregolari e un terzo sull’erogazione parziale, in carenza di autorizzazione, dei servizi di assistenza domiciliare.

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